La Comunità delle Piccole Veneri

Incontrare Laura Pellizzari è approcciarsi al teatro metafisico femminile. Le sue donne scolpite si assomigliano, tuttavia, se le osserviamo, possiamo cogliere i diversi gradi e le nuances della femminilità che ci fanno oscillare come in un teatro metafisico. Un teatro, un mondo empirico-immanentista; ed è proprio uno spazio e una temporalità metafisica che sono modellati dall’artista in terra. Un tempo, concepito come una corrente, che percorre il nostro presente e che ci attraversa da parte a parte: uno spazio materico che si concretizza in nudità e ripetizione, e che provoca, quasi per gioco d’eco, l’opposta apertura all’infinito nell’intimo umano… L’assenza di braccia e piedi, infatti, ci allontana dall’uomo d’azione, dall’agente; si pensi alla camminata metafisica a grandi passi di Alberto Giacometti; la donna senza braccia e senza gambe è l’essere meditativo per eccellenza: l’essere della metafisica ed è, al contempo, il suo oggetto e il suo soggetto. Grazie alle Piccole Veneri Laura Pellizzari riprende e prosegue l’interrogazione della femminilità, iniziata con le Accumulazioni, ma questa volta la femminilità è ripensata dal punto di vista dall’essenziale, dall’arcaico. La loro estetica unisce, all’impressionante grazia della femminilità moderna, che si caratterizza forse come follia, lo stupore e il candore dei visi e delle capigliature tipici dell’arte antica. La sensazione che le Piccole Veneri ci suscitano è forte, poiché è la scultura stessa che ci interroga! A quale proposito siamo interrogati? Su nulla di definito potremmo dire, poiché, guardandoci dritti negli occhi, esse ci interrogano su noi stessi. Proprio in seno a questo dialogo che viene a crearsi, ci fanno percepire e, per i più, scoprire, l’impressionante assemblea della nostra interiorità. Dato che per fondare una comunità, una sola donna non basta, le Piccole Veneri, discutono in gruppi di due o tre ed evolvono “nell’immobilità della terracotta”: se due donne sono l’equilibrio, l’armonia, tre donne sono l’armonia e la perfezione…  Una perfezione classica, che ci riaccorda all’inattuale luogo dei nostri sogni ancestrali, dove incontriamo le Grazie e l’attualità della mitologia. Laura le presenta: Venere la Grazia della vegetazione e dei giardini, Vesta quella della casa e del focolare e, infine, Pallade quella della vita e della nascita. Secondo la tradizione, esse sono sorelle, sono nude e danzano tenendosi per le spalle. Nel teatro spirituale di Laura però è il pensiero che danza sull’arco sonoro della carola, mentre le Grazie, sedute, dialogano circa la trasversale forza della donna nella storia, nella società e nella famiglia…  In fin dei conti è proprio l’evanescenza della parola dialogica che cinge il gruppo e lo provoca in cimento, ed è forse all’origine di quell’energia che ci avvolge quando siamo alla presenza di questa comunità tra terra e spirito. Una comunità che è già da sempre presente nella nostra intimità. E ancora, queste giovani donne mobili-immobili ci suggeriscono che l’uomo non esiste mai da solo, che la comunità comincia da almeno due individui e che la femminilità esiste in ognuno di noi.

Prof. Bruno Cany
Filosofia Estetica e Antropologia Filosofica
Università Paris 8, Vincennes – Saint Denis